Il campeggio degli orrori, ovvero la ricetta dei CupCake
Buon lunedi a tutti.
Dopo quattro giorni di assenza, dove,come previsto non sono riuscita a mettere nulla di nuovo sul blog arriva una nuova ricetta.. e inoltre il riassunto di quello che è successo in questi giorni cercando di attirare l’attenzione dei lettori perduti.
Una specie di racconto che vede protagonisti assoluti l’ironia che accompagna la mia vita da qualche tempo, un campeggio assassino e 4 Cup Cake.
Si deve sapere che ero partita in Auvergne per poter andare ad un funerale e che quindi non si prevedeva assolutamente nulla di divertente da potervi raccontare.
Ma si deve aggiungere che siamo andati in un piccolo villaggio di collina che era il luogo delle vacane del mio uomo durante tutta la sua infanzia.E si deve sapere che siamo partiti con tutta la sua famiglia (40 persone) in una giornata di sole con tanto di pranzo al sacco e 35° all’ombra.
La sensazione quindi di recarsi ad un funerale era celata da un velo di gocce di sudore e di ricordi d’infanzia da condividere.
Ovviamente il funerale c’è stato ma di questo non si parlerà in alcun modo.
Siamo arrivati nel primo pomeriggio con il sole a picco su di noi e la catena dei vulcani stesa comodamente davanti alle finestre della cascina.
La famiglia del defunto ha occupato tutte le camere in pochissimo tempo e la famiglia della vedova si è trovata ad affittare delle minuscole casette di legno al campeggio municipale.
Il cameggio di affaccia libero su un bosco da un lato de è aperto sul villaggio senza cancelli ne barricate dall’altro lato.
Nulla da da pensare all’ironia che ci riserverà il destino in questi miseri 3 giorni.
Al mio arrivo alla Roche PonPon nell’ordine mi sono resa conto di queste cose:
– Per prima cosa i parenti del defunto ci hanno ignorato guardandoci come dei poveri mentacatti per tutta la durata del
soggiorno e me in particolare visto che la sola ragione delle mia presenza era come appoggio per il mio ragazzo e alla sua famiglia ma dato che loro le mie buone intenzioni mica le hanno viste han preso la mia presenza per un offesa al morto per i primi due giorni rendendomi ogni conversazione quasi impossibile.
– Secondo, il luogo della morte del povero zio (un pozzo) era proprio davanti alle finestre della sala da pranzo in cui ci siamo riuniti per pranzi e cene tre giorni di fila dando a quel luogo dall’aspetto cosi pacifico un’aria di tristezza continua e sopprattutto la sensazione di angoscia tipica di un film horror.
– Terzo,come ho scoperto direttamente sul luogo il tempo nella regione dei vulcani è particolarmente variabile.
– Quarto, anche in un camepggio di un paese di 50 anime puo’ succedere di tutto.
Dopo una manciata di ore trascorse con tutta la famiglia siamo infine passati al campeggio per lasciare le valigie e farci una doccia dato che la temperatura non accennava a scendere di un grado.
Ironia della sorte una volta che tutti eravamo puliti e ancora con i capelli bagnati il cielo ha iniziato a inviare in avanscoperta le prime goccie che nel giro di un ora si sono trasformate dapprima in una pioggia torrenziale, poi nel tipico temporale di montagna e in seguito in un diluvio continuo e iracondo che ha oscurato con le sue nuvole nere tutto il cielo.
La pioggia ha continuato tutta la notte senza lasciarci tregua e impedendoci tra l’altro l’uso dei bagni che si trovavano fuori dalle casette del campeggio.
Ad un certo punto è sparita anche la corrente elettrica e visto che nessuno aveva previsto delle torcie ci siamo trovati in piccoli gruppi con una candela per ogni chalet.
Il vento forte faceva inclinare gli alberi e schiantare a terra i rami più deboli.
La terra ferma e l’erba verde si sono a poco a poco trasformate in un pantano insormontabil e le automobili parcheggiate davanti alle casette sprofondavano le ruote nel fango tant’è che la mattina dopo erano cosi profondament incagliate che provare a farle uscire dalla loro trappola di terra e acqua è stata un’impresa suvrumana che ha visto all’opera tutti gli uomini del campeggio e un paio di donne coraggiose e femministe (vedi me).
Inoltra l’umiditatà arrivata con il diluvio ha portato una fitta nebbia che impediva di vedere gli chalet anche se distavano meno di 5 metri l’uno dall’altro.
Questo ha portato una serie di eventi a catena piuttosto ilaranti.
La sottoscritta ha rischiato di correre tra le braccia dell’uomo sbagliato.
Le caffettiere elettriche a causa dell’umidità nell’aria han dato di matto schizzando l’acqua del bollitore addosso a innocenti vittime, tra cui la mamma del mio uomo.
I Cup Cake entreranno in gioco tra poco ma per ora concentriamoci su tutto quello che ancora sta per succedere…
Abbiamo parlato di temporale, della nebbia tipica di uno dei peggiori film dell’orrore mai visti sul grande schermo … ma ancora non siamo arrivati al peggio.
In questo luogo normalmente tranquillo e rinomato per la sua aria salubre ci siamo quindi ritrovati in un campeggio in un bosco con delle candele come sola fonte di luce (e di calore) delle automobili inutilizzaili, pieni di scottature su punti a caso del nostro corpo ma ancora non abbiamo affrontato il momento clou di questa nostra storia.
Immaginate le piaghe d’Egitto per contestualizzare la vicenda..
E sopprattutto l’invasione delle cavallette.
Perche anche qui si tratta di un’invasione.. e le cavallette mi avrebbero fatto tanto piacere rispetto a quello che invece abbiamo visto arrivare.
Da lontano, venendo verso di noi nel senso del vento si avvicinava una nuvola nera, della dimensione di un monolocale ikea (19 metri quadri è il formato standard).
Questa nube si è poi divisa in mille piccoli gruppi di insetti giganti.
E ogni insetto, della dimensione di un pollice si è poi attaccata a ogni cosa.
Ha invaso dapprima i bagni del camepggio oscurando le luci di sicurezza che funzionavano su un generatore autonomo togliendo anche l’ultima fonte di luce rimasta.
Si sono poi incrostate alle finestre delle casette, sulle automobili,sul tavolo da ping pong, sugli alberi e alla fine i piu coraggiosi sono penetrati attraverso gli spifferi all’interno delle nostre casette e hanno iniziato a incollarsi su noi poveri esseri umani, infilandosi sotto le gonne di lino, attaccandosi ai capelli, sulle lenti degli occhiali e su quasi qualunque altra cosa esistesse.
Abbiamo iniziato allora a urlare come dei dannati e a correre presi dal panico, è iniziata una danza forsennata e senza movimenti precisi per poterci staccare di dosso quegli scaafaggi volanti.
E le zie le più attrezzate hanno spruzzato bombolette di lacca, di deodorante e di veleno per formiche su ogni insetto.
L’invasione ha preso fine solo una volta che il vento è calato.
Gli insetti morti sono stati spazzati fuori dalle casette, sono caduti dagli alberi e si sono istallati come una moquette scricchilante sul pavimento dei bagni.
Altra cosa non negligiabile è raccontarvi cosa ho dovuto subire in quel momento perchè un’ultimo insetto vivo e vegeto si era attaccato alle calze contenitive della mia futura suocera e lei correndo quà e la con la gonna alzata in giro per il campeggio ha cercato di obbligarmi a toglierglielo di dosso ma io, un po piegata dalle risate per quella vista e un po’ impaurita dal super-insetto resistente allo spray insetticida non sono riuscita a muovermi da li e la povera donna ha dovuto trovare qualcun altro per toglierle lo scarafaggio gigante dalla calze.
Cosi come tutto era iniziato si è concluso lasciandoci con un profondo senso di disgusto nel bel mezzo del pomeriggio successivo dove il sole ha di nuovo fatto capolino e la terra di è seccata.
Non abbiamo potuto lavarci dato l’inopportuno numero di insetti ancora incollato al suolo delle doccie.
E siamo partiti per raggiungere il resto della famiglia nella cascina.
Là, la ,visto il nostro stato e i nostri occhi ancora pieni di orrore, ha smesso di ignorarci e ci ha proposto di mangiare qualcosa di dolce per risollevarci il morale.
Ed ecco che entrano in gioco i Cup Cake dato che ce ne siamo sbafati quattro a testa.
Ma non è ancora il momento della ricetta.. prima ci tengo a farvi parte del resto di sfortuna che si era incollato a noi.
Abbiamo trascorso un sabato sera tranquillo in mezzo alla natura con una vista infinita sulla valle dei vulcani e una domenica riposante stretti vicini alla vedova che poco e poco, anche grazie all’invasione degli scarafaggi ha ricominciato a ridere e poi il mio uomo, i suoi genitori ed io siamo ripartiti verso Saumur dirigendoci a cena dalla sorella del mio ragazzetto.
Ci aspettavano con ansia, dispiaciuti per non essere venuti con noi in Auvergne per il funerale e per festeggiare il nostro ritorno ci hanno proposto una grigliata in giardino.
A fine cena il papà di cedric è andato a cercare i formaggi che avevamo comprato alla Roche PonPon per farli assaggiare a tutti i presenti ma distratto non si sa bene da cosa ha chiuso l’automobile con le chiavi ben appoggiate nel baule.
Abbiamo quindi passato due ore cercando di scassinare la portiera del passeggero, e poi quella del conducente senza alcun risultato (dove sono i bravi scassinatori quando te ne serve uno?!?) e poi, al posto che tornare a casa con un’altra auto a cercare le chiavi di riserva gli uomini presenti hanno avuto la brillante idea di rompere un finestrino ( non delle portiere gia intaccate ma uno nuovo) con un martello e poi con un mattone di cemento.
Il risultato è ovviamente che siamo tornati a casa con una borsa della spesa al posto del finestrino.
Ma non è finita qui.
Nel precedente tentativo di scassinare la portiera han provato ad utilizzare la lama di una spada da samurai decorativa che stava attaccata malamente con due chiodi su un muro del garage.
E il genero, nella sua immane imebecclità (in realtà di solito è piuttosto intelligete per cui non capisco questo suo cambiamento di cervello) ha saltellato sulla punte dei sui piedi per poter staccare la spada che era troppo in alto per lui…
Cosa è successo in quel momento?
Uno dei chiodi ha ceduto e io mi sono presa la spada sulla testa con tanto di fodero per fortuna perchè senno’ nessuno starebbe scrivendovi le vicende ora!.
Grazie mile all’idiozia maschile che non ha pensato di ascoltare il mio consiglio, piuttosto sensato fra l’altro, di andare a cecare quelle maledette chiavi al posto che dimostrarsi degli scassinatori ingommati e rischiare di uccidere la sottoscritta.
Povera me.
Io da casa mi sa che non mi muovo più!
Avrete capito che ora passiamo alla ricetta perchè peggio di cosi non poteva succedere e infatti null’altro è successo e la storia si conclude in questo modo.
Cup Cakes glassati alla Vaniglia
INGREDIENTI:
Per i Cup Cakes:
125 grammi di burro
125 grammi di zucchero
2 uova
120 grammi di farina
mezzo sacchetto di lievito
due cucchiai di latte intero o parzialmente scremato
1 cucchiaino da caffè di vaniglia liquida
Per la glassa:
75 grammi di burro
due cucchiai di latte intero o parzialmente scremato
1 cucchiaio da caffè di vaniglia liquida
225 grammi di zucchero a velo
colorante alimentare (facoltativo)
chicchi di zucchero colorato o palline di cioccolato o lamponi freschi
Scaldate il forno a 190°.
In una ciotola sbattete lo zucchero e il burro rammolito fino ad ottenere una crema.
Aggiungete le uova sbattute e la farina a poco a poco insieme al lievito.
Aggiungete poi il latte e la vaniglia e mescolate finchè l’impasto non sarà omogeneo e poi mettetelo nelle formine.
Se le formine sono in silicone non ‘è bisogno di imburrarle altrimenti imburratele per evitare che l’impasto si incolli e non esca mai più (come le ruote dell’auto nel fango della Roche Ponpon).
Infornate i Cup Cake per 15 o 20 minuti finchè non saranno ben dorati e gonfi.
PREPARAZIONE della GLASSA:
Mescalote con uno sbattitore elettrico il burro finchè non sarà ben morbido e non abbia formato una crema densa.
Versate poi il latte e la vaniglia e rimescolate.
Aggiungete metà zucchero a velo e sbattete.
Ripetete poi l’operazione aggiungendo l’altra metà dello zucchero.
Se volete aggiungere il colorante è il momento di farlo. Io non ne avevo e neanche in Auvergne ne avevano quindi nessuno di noi lo ha messo.
Quando la crema è pronta spalmatela con l’aiuto di una spatola sul Cup Cakes che intanto si sarà raffreddato.
Modellate la glassa fino a darne la forma che preferite.
Decorate con quello che volete prima che la glassa si indurisca.
Mettete in frigo almeno mezz’ora e poi serviteli.
Buon appetito e buona fortuna!
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Vorrei aggiungere solo che in Auvergne ci sono stati anche molti momenti tranquilli, rilassanti e pieni di risate e di visite guidate nei luoghi d’infanzia del mio uomo.
Cosa che mi ha fatto alquanto piacere e che mi ha permesso di entrere un po di piu nell’intimità segreta del mio ragazzo!!!
MORALE DELLA FAVOLA:
Se andate in Auvergne prevedete un ombrello, stivali da pioggia e delle torcie in caso arrivi l’uragano .. E almeno 5 o 6 bombolette spray contro gli insetti tenaci!
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